Chiesa
Sancta Maria Gratiarum extra Mœnia
La valle, che dalla riva meridionale del lago Fucino si estende fino alle montagne di Villavallelonga, già intensamente abitata come provano anche i numerosi avanzi archeologici affioranti dappertutto, al tempo delle invasioni longobarde una prima volta e al tempo delle scorrerie dei Saraceni e degli Ungari una seconda volta, divenne deserta, essendosi le popolazioni trasferite sui monti circostanti, dove finirono con l’adattarsi, per potersi occultare e, in ogni caso, difendere con maggiore efficacia dagli attacchi dei barbari invasori.
Le prime voci, che dopo, vari secoli, rompono il silenzio tombale che tutto copre, vengono perciò dall’alto, ma esse sono giunte a noi solo per la via di Montecassino, attraverso i ricordi che ne hanno lasciati i figli di S.Benedetto.
Infatti il nome di Collelongo compare per la prima volta nella “Cronica Sacri monasterii cassinensis” del Cardinale Leone Ostiense, benedettino, figlio della marsica pur lui. E quel nome di Collelongo balsa dal buio accoppiato ad un altro nome, sacro e a tutti caro, quello di SANCTA MARIA, ossia della MADONNA A MONTE, che oggi risorge a nuova vita.
Il Corsignani, nella sua “Regia Marsicana” afferma che Lotario III Imperatore donò al monastero cassinese (Abate Cuibaldo) la chiesa di S.Maria in Collelongo, di S.Maria in Luco ecc, nel 1137.
Ma Pietro Diacono, continuatore della Cronica Cassinense, dopo la morte di Leone Ostiense, avvenuta fra il 1114 e il 1115nel libro IV, capo 125, spiega che nel 1137 “Lotharius Imperator…CONFIRMAVIT HUIC MONASTERIO OMNEA POSSESSIONES GUIS.”
Leone aveva detto, nel libro II capo VII della sua Cronica, che Doda, contessa dei marsi aveva donato al monaco Gualtiero il monastero di S. Maria di Luco con le sue pertinenze; che l’abate Alingerno nel ventennio successivo aveva ricevuto il detto monastero, che successivamente il monastero di Luco divenne “prepositura” cassinese con 22 chiese e conventi alle sue dipendenze. Fra le 22 chiese figura anche S. Maria in Collelongo.
Ora se si tiene presente che Doda, contessa dei Marsi, donò al monaco Gualtieri e per lui a Montecassino nel 930; se si tiene presente che Aligerno fu Abate di Montecassino dal 949 al 986; se si tiene presente che il Cardinale L.Ostiense, che ha messo in luce Collelongo e la Madonna a monte, morì nel 1114 o 1115, si vede chiaramente che non al 1137 bisogna riferirsi per cercare la data di nascita di Collelongo, ma intorno all’anno mille.
La chiesa, però, è posteriore, se è vero, come afferma il Corsignani, che essa sorse dove era prima la torre del palazzo baronale. Che sia vero lo potrebbero confermare gli avanzi ancora visibili di un castello, che quasi circondano la chiesa. Segno , allora, che, in origine, la chiesa era molto più piccola di quella ricostruita o ampliata nel 1557, data dell’epigrafe che si legge sul frontone di essa, oppure che sorgeva altrove, probabilmente sul colle Calvario, dove ancora affiorano i ruderi di un luogo abitato.
Ma se nel 1557 la chiesa venne riparata, abbellita e forse ampliata, come si spiega che poco dopo essa fu abbandonata dai Benedettini ed entrò a far parte del beneficio parrocchiale di Collelongo.
Credo di aver spiegato il mistero attraverso il Febonio, il quale, però, anche se fornisce la notizia basilare, non ne espone le consequenziali.
Dice il Febonio che più volte i Vescovi dei Marsi ricorsero contro il Preposto di S.Maria di Luco, che aveva giurisdizione sulle 22 chiese benedettine della Marsica, fra cui questa di Collelongo, perché esso sfuggiva dalla dipendenza gerarchica del Vescovo, dipendendo invece dall’Abate di Montecassino. Finalmente, intorno al 1580, la Sacra Rota accolse le istanze del vescovo Matteo Colle disponendo che in “spiritalibus” il convento e il paese di Luco dovevano dipendere dal vescovo dei Marsi e non dall’abate cassinese.
Da questa epoca all’incirca i Benedettini lasciano la Marsica e la chiesa con annesso convento di S.Maria di Collelongo, che, come si è accennato, passa a far parte del beneficio parrocchiale di Collelongo.
Ma meno di 50 anni dopo, il convento torna alla sua funzione, anche se per breve tempo. Infatti nel 1630, come conferma il Bordoni, nell’isteria del terz’ordine francescano, l’ex convento dei Benedettini diventa convento del terz’ordine francescano e in questo tempo vengono costruiti gli altari della chiesa, altari che tutti ricordiamo. Però con decreto 22 ottobre 1652 della S.Congregazione dei Vescovi Regolari, i conventi del 3° Ordine di Collelongo, di Bolognano, di Fontana, di Cugnolo, di Collepietra, di Paganica e di Avezzano rimasero sopressi per mancanza di entrate sufficienti.
Da quell’epoca, il comprensorio è tornato in possesso del Parroco di Collelongo e, mentre la chiesa è rimasta aperta al culto e giornalmente affollata di fedeli, particolarmente devoti alla Madonna delle Grazie, raffigurata in un dipinto bizantino di viva espressione affettiva e di grande valore artistico, i locali dell’ex convento vennero occupati da eremiti, che vi sono succeduti a due a due fino ai primi anni di questo secolo.
Ma fin dal 1638, anno di inizio nella parrocchia di Collelongo del libro dei morti (quello dei battezzati comincia dal 1578 e quello dei matrimoni pure dal 1638) nel convento venivano seppelliti i poveri, senza pagare lo jus sepeliendi, come invece si praticava per quelli che venivano sepolti nella chiesa madre.
Successivamente il seppellimento dei cadaveri nella chiesa della Madonna a Monte si fece sempre più frequente e si giunse al punto che la chiesa stessa divenne il vero e proprio cimitero comunale.
Con Real Decreto di Ferdinando I del 7/6/1816 si proibì di sotterrare nelle chiese i cadaveri dei poveri; con la legge del marzo 1817 si ordinò la costruzione in ogni comune di un camposanto perché il seppellimento potesse farsi per inumazione, ma in Collelongo, dato che la chiesa della Madonna a Monte è lontana dall’abitato, il seppellimento è stato fatto per tumulazione fino al 1896, anno in cui entrò in funzione il camposanto nuovo. Questo significa che questa chiesa è ancora più cara ai collelonghesi, perché custodisce i resti dei loro danti causa, che essi avevano affidati alla pietà della Madre comune, che li guardava dall’alto.
Questo, disse nel suo verbale 15/3/1933 il Sovrintendente dell’arte medievale in Abruzzo, A. Riccobono: “è una delle pitture, assai rare in Abruzzo, del secolo XIII; si può raggruppare insieme a quella di tagliacozzo (Madonna dell’Oriente) e a quelle di Fontevecchio, quest’ultima, molto restaurata. Fino ad oggi sconosciuta, è stata da noi rintracciata su un armadio della sagrestia. Sarebbe urgente un restauro. È in deposito alla parocchia”.
Successivamente, la pittura è stata inviata per i restauri ad Aquila, ma non ha più visto la via del ritorno. È possibile che questi cristiani, che tanto attaccamento hanno per le loro cose più care, continuano a restare privi di una pittura che rimonta alle origini del paese e che, indipendentemente dal suo valore artistico, rappresenta la vera loro madre, la madre di tutti i loro antenati, la protettrice del loro paese?
Chi ne ha l’autorità o la possibilità deve intervenire nelle faccenda, nella convinzione assoluta di compiere un opera santa e di meritare la riconoscenza di tutti i cittadini di Collelongo, anche di quelli oggi lontani dalla Patria.
Collelongo, 5 ottobre 1958
Luigi Cianciusi
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