Oratorio:

Una proposta per il rinnovamento della catechesi dei fanciulli

Presentazione

Sotto la guida di Arnaldo Canepa, maestro di vita oratoriana, migliaia di catechisti, per oltre 50 anni, hanno contribuito con le loro positive esperienze a sperimentare e formulare il “metodo COR”. Il Centro Oratori Romani ha avuto come fine principale, l’affermazione dell’insostituibile funzione educatrice dell’Oratorio e della necessità di dare ai fanciulli un indirizzo chiaro ed adeguato alle esigenze dei nostri tempi. La fecondità di quest’opera ci ha indotto a sperimentare anche nella Marsica questa esperienza per l’educazione religiosa dei nostri fanciulli. Il cercare di unire gli oratori in una sola famiglia, coordinarne il lavoro e valorizzarne le esperienze, può evitare tante delusioni e scoraggiamenti spesso connessi all’opera di coloro che, pur generosamente, si dedicano isolatamente all’attività catechetica per i fanciulli. La nostra esperienza Oratoriana nella Marsica trae ispirazione dall’opera del fondatore del C.O.R. Arnaldo Canepa e vuole innestare nella nostra terra, quella esperienza che tanti frutti ha portato alla Diocesi di Roma. Tante sono le esperienze che differenziano e caratterizzano le due diocesi e tanti sono i fanciulli che possono trarne vantaggio, perciò affidiamo alla Vergine Santissima il nostro Impegno ed il suo sviluppo.

Obiettivi

L’Oratorio ha per scopo la formazione catechetica dei fanciulli che frequentano la scuola dell’obbligo, con le finalità stabilite dal R.d.C. e metodologie proprie. È un modo di vivere e realizzare il messaggio cristiano, secondo le indicazioni del Magistero, nella Parrocchia “cellula viva della Diocesi” (R.d.C. 148). L’Oratorio si propone di realizzare, nella parrocchia, il dettato dei vescovi sulle esigenze del mondo contemporaneo in riferimento alla catechesi organica e sistematica, permanente e sempre più approfondita. “Oltre che per la sua pienezza d’intenti e di risorse, la catechesi parrocchiale si caratterizza come iniziazione alla vita ecclesiale e all’apostolato” (R.d.C. 150).

Il Cammino dei Fanciulli

Attraverso l’oratorio, il fanciullo è introdotto nella vita della Chiesa, alla quale appartiene dal giorno del suo battesimo, inizia a vivere un’esperienza di relazione col fratello che ha vicino e lo scopre tale. Nell’oratorio anche i disadattati imparano a adattarsi e i portatori di handicap diventano portatori di gioia e di amore. Attraverso la catechesi, il fanciullo impara a conoscere il Signore ed i segni per mezzo dei quali si manifesta al mondo. Impara a collocare il Giorno del Signore quale punto di riferimento nella propria vita e, nella partecipazione all’Eucaristia, scopre Cristo Signore. Le tappe fondamentali nel cammino oratoriano di formazione sono:

  • La riscoperta del proprio Battesimo

  • L’accoglienza dell’amore misericordioso di Gesù nel Sacramento della Penitenza

  • La partecipazione alla Mensa Eucaristica

Il fanciullo cresce nella coscienza di essere parte della Chiesa fino a manifestare il desiderio di impegnarvisi e testimoniare questa appartenenza ai suoi fratelli. Il Sacramento della Confermazione (ancora, purtroppo, collocato in una età particolarmente difficile e fuori dal suo ordine liturgico e teologico), pur aprendo i ragazzo all’azione dello Spirito Santo, con difficoltà viene percepito quale unzione finalizzata alla partecipazione piena alla vita cristiana attraverso il Banchetto Eucaristico. Da alcuni anni, i catechisti e la comunità parrocchiale, si preparano per chiedere una sperimentazione per poter celebrare i sacramenti nel loro ordine naturale (Battesimo-Cresima ed Eucaristia). L’Oratorio dovrebbe essere, per sua natura, la prima associazione da istituire in una parrocchia, poiché esso costituisce la base e il fondamento di tutte le altre opere parrocchiali. Un oratorio, per anni ben funzionante ed efficiente, renderà possibile la fioritura e la prosperità di tutte le associazioni parrocchiali specializzate, e non è da escludere anche lo sviluppo e la crescita di vocazioni particolari.

Identità e Spiritualità del Catechista

alla luce del documento della C.E.I. Il rinnovamento della Catehesi

Il Rinnovamento della Catechesi, documento della C.E.I. del 1970, è il risultato di una lunga e diligente riflessione e, come dice il Papa Paolo VI, segna un momento decisivo per la fede cattolica del popolo italiano; perciò invita tutti a darvi molta importanza. Il Documento è stato riconsegnato dai Vescovi ai catechisti in occasione del I Convegno nazionale dei Catechisti tenutosi a Roma dal 23 al 25 aprile 1988, “Noi, dunque, Vescovi e Pastori della Chiesa che è in Italia, vi riconsegniamo il Documento di Base e vi diciamo: «Andate nella nostra cara Italia, annunciate a tutti il Vangelo di Gesù Cristo, Salvatore del mondo».” Dalle indicazioni tracciate nel presente documento sono nati i catechismi ed i testi didattici che, dopo più di un decennio di sperimentazione hanno visto la luce in una nuova edizione. È importante ricordare, però, che prima dei catechismi sono i catechisti, anzi prima ancora la comunità ecclesiale. Il documento si articola in dieci capitoli. I primi parlano della Chiesa e delle principali espressioni del ministero della Parola, gli altri si soffermano sulle finalità, le fonti, i soggetti ed il metodo della catechesi per terminare con la fisionomia apostolica e spirituale del catechista. In apertura trova rilievo l’affermazione che la Chiesa è per tutti il Sacramento della vita che viene da Dio. Egli stesso riunisce tutti i popoli per mezzo di Cristo e lo Spirito Santo, dal giorno di Pentecoste, e prende dimora tra i credenti. La Chiesa è in religioso ascolto della Parola di Dio e ne è responsabile e testimone. Essa, mentre sviluppa l’annunzio fondamentale della Parola di Dio con la catechesi, guida il cammino degli uomini alla fede e prepara ciascuno a scoprire e a vivere la sua vocazione cristiana nel mondo. L’indicazione delle finalità e dei compiti della catechesi, muove dall’affermazione che suo scopo è di guidare i credenti ad accogliere l’azione dello Spirito Santo per sviluppare la fede e renderla esplicita in una vita cristiana. La catechesi, inoltre, è esposizione chiara della dottrina rivelata: rispetta le esigenze e le capacità di comprensione dei fedeli e introduce più pienamente i cristiani nella vita della Chiesa, formando la mentalità cristiana, vale a dire, il senso dell’appartenenza a Cristo nella Chiesa. In modo particolare, la catechesi prepara alla partecipazione attiva nelle celebrazioni liturgiche, preoccupandosi di mettere in risalto la centralità della Messa. La catechesi si rivolge intorno ad un nucleo centrale che è Gesù Cristo vivo, ieri, oggi, nei secoli. Molta importanza è data nel testo anche ai criteri da seguire per l’esposizione dell’intero messaggio di Cristo. Nell’elaborare il contenuto della catechesi è necessaria una continua ricerca, che, lasciando intatto l’essenziale, trovi ogni volta le formulazioni più adatte alle diverse categorie di fedeli. La catechesi deve muovere dai problemi umani servendosi di un linguaggio che corrisponda alla cultura odierna. Il Dio della rivelazione, infatti, è il “Dio-con- noi”, il Dio che chiama, che salva, che dà senso alla vita. Cristo che è all’inizio e al centro della salvezza, è anche la conclusione e la fine. Quanto alle fonti della catechesi il testo sostiene che la Scrittura, vera Parola di Dio, è il documento preminente della predicazione, dunque, fonte per eccellenza. Ignorare la Scrittura sarebbe ignorare Cristo. Essa deve essere letta ed interpretata con l’aiuto dello Spirito Santo che la ha ispirata, in comunione con il Magistero. La catechesi sceglie nella Scrittura, specialmente nei Vangeli e negli altri Libri del Nuovo Testamento, i testi, i fatti, i personaggi che maggiormente convergono in Cristo e che sono più familiari alla liturgia. Un grande impegno deve essere posto per creare una catechesi che sia sempre più biblica. La liturgia consente ai credenti di penetrare sempre più nel mistero di Cristo e, con tutti i suoi caratteri, essa stessa è una catechesi in atto. Affinché se ne possa cogliere l’insegnamento, la celebrazione liturgica deve essere preparata. Spetta al catechista, perciò spiegare il senso dei segni e dei riti liturgici. La domenica deve essere presentata come Pasqua settimanale, fondamento e nucleo dell’anno liturgico. Grande importanza deve essere data ai tempi forti: Pasqua, Quaresima, Avvento, Natale. I catechisti, col parroco, si impegneranno per una profonda educazione al celebrare. Soggetti della catechesi sono tutti i battezzati. Per molti il termine Catechesi evoca un insegnamento rivolto quasi esclusivamente ai fanciulli. Questo è errato perché così crescerebbe l’uomo ma non crescerebbe in lui il cristiano. Occorre, perciò, comprendere che, in tutte le età, il cristiano ha bisogno di nutrirsi della parola di Dio. I catechisti devono prendersi cura specialmente di coloro che hanno maggiore bisogno: poveri, i più deboli, i meno dotati. Soprattutto ai fanciulli disadattati e portatori di handicap bisogna assicurare forme appropriate di catechesi ed educatori specializzati dal punto di vista pedagogico. Il catechista si rivolge all’intera personalità di ciascuno e s’impegna, perciò, a conoscere sempre più le persone. Legge fondamentale del metodo catechistico è la legge della fedeltà alla Parola di Dio e della fedeltà alle esigenze concrete dei fedeli. Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo: non si tratta di due preoccupazioni diverse bensì di un unico atteggiamento. Amare Dio significa amare e servire l’uomo, amare l’uomo significa trovare Dio. La prima consapevolezza del catechista è il riconoscimento dell’azione di Dio. Il metodo del catechista è tanto più valido quanto più egli, consapevole della propria debolezza, sa mostrare l’autorità di Do. Il catechista deve far posto a Dio, a Cristo, alla Chiesa, deve saper attendere e rispettare l’azione dello Spirito. Il Catechista, dunque, deve essere un acuto conoscitore della persona, della comunità in cui vive e cresce e deve prestare attenzione alle esigenze di ciascun individuo. Cosciente dell’importanza delle attività pratiche il catechista deve saperle proporre con abilità didattica, in relazione all’età delle persone, ai loro interessi, e ai loro impegni. Il catechista prepara nella riflessione e nella preghiera le sue ipotesi didattiche. È suo dovere anche misurare i risultati ottenuti non per scoraggiarsi ma per trarre nuovo slancio e affidare ogni cosa a Dio. Tanto importante è la figura del catechista, che il documento dedica alla sua fisionomia apostolica e spirituale un intero capitolo. Il cristiano è per sua natura un catechista. Per una catechesi sistematica però la comunità ha bisogno di catechisti qualificati. Mentre assolvono il loro compito, i catechisti fanno più che insegnare una dottrina. Sono testimoni e partecipi di un mistero che essi stessi vivono. Il catechista è un testimone di Cristo; nel momento in cui vuole proclamare e diffondere la fede è necessaria una concreta coerenza di vita. Egli è anche insegnante ed educatore: deve far capire, per quanto gli è possibile, la realtà di Dio che si rivela e si comunica. Tale insegnamento esige una accurata preparazione. Il catechista non può improvvisare, né tanto meno recitare una lezione ma impartire un insegnamento vivo. Il catechista è educatore perché mira alla formazione cristiana integrale di quanti lo ascoltano affinché diano nel mondo una coerente testimonianza di vita. I primi destinatari del “Rinnovamento della Catechesi ” sono, dunque, i catechisti (sacerdoti, laici, religiosi, insegnanti, educatori ecc.). Pertanto, sarebbe opportuno che ciascuno di noi si accostasse al testo con impegno di studio e riflessione personale.

Il Popolo Profetico

“Gesù Cristo adempie la sua missione di Verbo e di Maestro, fino alla piena manifestazione del regno di Dio. Egli effonde lo Spirito ricevuto dal Padre su tutta la Chiesa, facendone un popolo di profeti. Ciascuno dei suoi fedeli, accogliendo con gratitudine e gioia il proprio dono spirituale, coopera alla crescita del suo Corpo Mistico, con la testimonianza della vita e la grazia della parola. Unico è il Maestro, Cristo: da lui l’intera comunità cristiana apprende la Verità e in suo nome la proclama al mondo. La vita di fede nasce, si sviluppa e raggiunge la sua pienezza, mediante il concorso di tutta la Chiesa, sotto la guida del magistero.” (R.d.C. n.182).

Il Catechista: Profeta tra Profeti

Il catechista è chiamato dal Signore ad esercitare la missione che gli è stata affidata fin dal suo Battesimo. Egli è un profeta di Dio ed annuncia la sua parola. È indispensabile la sua crescita all’interno di una comunità di catechisti per annunziare, con sempre maggiore efficacia, Cristo Risorto. Il Signore stesso c’è stato di esempio. Egli ha fondato la sua Chiesa (assemblea di chiamati) con una piccola comunità profetica: quella degli Apostoli. Oggi il catechista oratoriano non può pensare di compiere la sua missione isolato e fuori da ogni contesto comunitario. L’Oratorio svilupperà meglio, e meglio assolverà la sua funzione educatrice se, potrà contare su un gruppo di catechisti che lavorano uniti ed in perfetta collaborazione e comunione. Non è sufficiente che in parrocchia ci siano dei catechisti: essi devono formare una comunità. Solo così l’azione di uno s’integrerà con quella dell’altro, l’uno sarà di sostegno e di esempio all’altro e ciascuno sentirà la responsabilità dell’andamento non solo del proprio gruppo, ma dell’intero oratorio. Tale unione vissuta in un clima di reciproca stima e di vera amicizia, dovrà essere sostenuta dal parroco e continuamente animata dal direttore dell’oratorio. Negli “Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti” (UCN, 1991) III,3 leggiamo che:

  • Il catechista è discepolo

  • Il catechista è missionario

  • Il catechista si fa compagno di viaggio

  • il catechista è l’uomo delle armonie

“La gioia e la fatica di questi percorsi con i fratelli e per loro ritorna ai catechisti, in modo particolare attraverso la condivisione nel gruppo e nella comunità, come ricchezza e formazione della loro fede e della loro umanità. Il servizio del Signore tra i fratelli porta con sé il suo nutrimento, energie per nuovo cammino” (Orientamenti…, III,3).

I Quattro Pilastri

Il profeta per esercitare il suo carisma deve imparare ad ascoltare il Signore e a parlare in suo nome. Non può, quindi, basarsi sull’improvvisazione o solo sulla sua cultura di base, anche se teologica e pedagogica. Il catechista annuncia “Cristo Risorto” prima di tutto con la sua vita e poi con le parole. La sua opera catechistica poggia su quattro pilastri:

  • Amore di Dio

  • Amore del prossimo

  • Devozione alla Vergine Maria

  • Obbedienza alla Chiesa

“La vocazione profetica richiede ai catechisti una solida spiritualità ecclesiale, una costante comunione con il magistero, una profonda carità verso Dio e verso il prossimo (R.d.C. n.189). “Unita in modo ineffabile al Signore è Maria, che nella Chiesa santa occupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi (R.d.C. n.90). “Fu detto di Maria che è «un catechismo vivente», «Madre e modello dei catechisti»” (CT 73). Vivere secondo queste indicazioni non è certo semplice, ma la comunità dei catechisti serve anche a questo.

Virtù e Doti

Per lo speciale compito che svolge nella Chiesa, il catechista è chiamato a sviluppare doti e virtù peculiari. Anzitutto le virtù teologali fede, speranza, carità, sono il terreno nel quale si sviluppa il dono di Dio agli uomini. La fede del catechista è ricerca continua e scoperta di Dio in tutto e in tutti. È un fidarsi continuo di Gesù Maestro. La speranza è la gioia di vivere oggi le dimensioni del Regno. La sua carità è espressione concreta dell’amore per Cristo che passa attraverso i fratelli. I ragazzi ameranno il catechista, lo ascolteranno e lo seguiranno solo se capiranno e sperimenteranno di essere amati. Vi sono anche doti che il catechista deve possedere se vuole essere fedele alla sua missione: coerenza, perseveranza, capacità di sacrificio, mansuetudine. La coerenza consiste nell’essere un cristiano autentico. Dio lo chiama, infatti, ad essere trasparenza della sua gloria nel mondo. Il comportamento coerente del catechista educa il ragazzo. La perseveranza è coerenza che dura nel tempo. I ragazzi ne hanno bisogno per essere sostenuti nella loro mutabilità. Lo spirito di sacrificio è capacità di rinuncia generosa per amore, è donarsi, è condividere la sofferenza e il dolore dei fratelli. Il catechista deve possedere una carica potente di mansuetudine e di bontà. Per educare i ragazzi deve somigliare a Gesù che dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. L’ottimismo: il catechista s'impegnerà a cercare sempre ciò che unisce e dimenticare ciò che divide. Valorizzerà il lato positivo delle persone e delle cose. I ragazzi hanno bisogno di gioia come dell’aria che respirano. La puntualità: Il catechista è sempre puntuale. Mai un catechista deve farsi attendere dai ragazzi del suo gruppo o dai fratelli catechisti. La puntualità è una dote che permette di sviluppare il ministero dell’accoglienza, Gesù è sempre pronto ad accogliere, il catechista a nome di Cristo accoglie. La puntualità è anche esercizio della regalità che viene esercitata nel “governo” del proprio gruppo.

Formazione dei Catechisti

Il catechista è chiamato, per la sua missione, a crescere spiritualmente e culturalmente. “Oltre a conoscere il messaggio che espone, egli ne è segno visibile, mediante la sua vita. Quanti lo ascoltano, devono poter avvertire che, in certo modo, i suoi occhi hanno visto e le sue mani hanno toccato; dalla sua stessa esperienza religiosa devono ricevere luce e certezza. La vita del catechista è una manifestazione delle invisibili realtà, alle quali egli richiama i suoi fratelli di fede” (R.d.C. 186). Egli cresce nella fede con i propri fratelli catechisti e con i ragazzi del proprio gruppo.

Cenacolo dei Catechisti

È la riunione settimanale di tutti i catechisti impegnati nella pastorale oratoriana.

  • Il primo momento del cenacolo è la preghiera comunitaria. Nella preghiera lo Spirito di Dio illumina e istruisce, parla e guida. È un momento gioioso che conosce alternanza tra Lode, invocazione dello Spirito Santo, brevi letture della Parola, commenti, preghiere, canti etc.Ogni sistema comunque è buono purché si preghi.

  • Formazione spirituale, culturale e metodologica. Dopo la preghiera comunitaria, il parroco avrà cura di svolgere il lavoro di formazione secondo le esigenze locali e la pastorale parrocchiale e diocesana. “La vocazione profetica richiede ai catechisti una solida spiritualità ecclesiale, una seria preparazione dottrinale e metodologica, una costante comunione con il magistero, una profonda carità verso Dio e verso il prossimo... E compito delle chiese locali promuovere le istituzioni e le iniziative tendenti a perfezionare sempre meglio quei catechisti, che dedicano totalmente la propria vita a questa missione, e a valorizzare anche gli apporti più umili. Questi non sono meno preziosi, poiché “Dio ha scelto ciò che è stoltezza del mondo per confondere i sapienti“ (R.d.C. 189).

  • Lo scambio di esperienze. È necessario che i catechisti si scambino le esperienze sul lavoro svolto, potranno attingere idee e fiducia dagli altri. Questo tempo potrà essere impiegato anche per la preparazione delle attività mensili o domenicali o particolari celebrazioni.

  • Liturgie Periodicamente, se il parroco lo ritiene opportuno, potrà essere celebrata la S. Messa o, secondo le necessità la Liturgia penitenziale. Anche l’Adorazione Eucaristica potrà essere un forte momento di esperienza di Dio, ma è bene programmarla periodicamente come preghiera comunitaria. È auspicabile che i catechisti preghino la Liturgia de!le Ore.

Il Metodo: “I Quattro Binari ”

Per attuare gli obiettivi che si prefigge, l’esperienza oratoriana prevede quattro attività fondamentali chiamate:

  • L’attività festiva

  • L’attività quotidiana

  • Le attività ricreative

  • Le attività mensili

Attività Festiva

Il giorno del Signore è il punto di riferimento principale nella vita oratoriana. Non è possibile creare l’Oratorio escludendo la domenica. “La domenica deve essere presentata come festa primordiale e pasqua settimanale, fondamento e nucleo dell’anno liturgico. Il giorno del Signore Risorto e Asceso al Cielo raduna in assemblea i credenti per renderli sempre più Chiesa: è giorno di gioia, di riposo dal lavoro, di fraternità. La liturgia è una fonte inesauribile per la catechesi. Le celebrazioni liturgiche sono una professione di fede in atto... La catechesi vi ricorre con saggia frequenza, anche per rendere più cosciente la partecipazione all’azione liturgica” (R.d.C. 116-117). Anche i fanciulli, quindi, sono chiamati a vivere quest’esperienza gioiosa ed a santificare il giorno di festa. L’attività festiva comprende:

  • La S. Messa Possibilmente celebrata con e per i fanciulli secondo lo spirito del “direttorio”.

  • L’incontro di catechesi Dopo la partecipazione alla S. Messa ed al gioco, si svolge l’incontro di catechesi per piccoli gruppi, formati tenendo conto dell’età e della maturità nel cammino di fede. I testi che normalmente vengono proposti sono quelli della CEI. Il metodo è quello attivo.

  • Il gioco vedi Attività Ricreative

Attività Settimenale

A differenza di quanto accade nelle città, nei nostri paesi la parrocchia non è l’unico punto di riferimento o di incontro, è vista quasi esclusivamente come luogo di culto. Con queste premesse è quasi impensabile una attività oratoriana quotidiana. Affinché la parrocchia diventi sempre più un luogo di accoglienza, ciascun gruppo, nel giorno della settimana fissato col proprio catechista, si riunisce per un incontro più specifico di quello domenicale (gioco, conversazione, uso dei quaderni attivi, suggerimenti per lo svolgimento delle attività mensili ).

Attività Ricreative

Le attività ricreative si svolgono tutto l’anno. Il gioco è l’attività naturale, esigenza biologica del ragazzo. Nell’oratorio il gioco è un importante mezzo per educare. È nel gioco che il ragazzo si manifesta quale è: nelle sue qualità e nei suoi difetti offrendo al catechista l’opportunità di educarlo. Il gioco, semplice e ben spiegato, è l’attività ricreativa che deve integrare le altre particolarmente la S. Messa e l’incontro di catechesi ai quali vi partecipano dopo aver ben giocato. Quando i ragazzi hanno scaricato le loro energie fisiche sono pronti a caricarsi nello spirito. Nelle attività ricreative non sono da escludere tornei, gite-pellegrinaggio ed incontri tra ragazzi di oratori diversi per aiutarli a scoprire l’universalità della Chiesa di Dio.

Attività Mensili

Le Attività Mensili sono esercitazioni pratiche dell’oratorio raccomandate particolarmente dal R.d.C. dice, infatti: “Il processo spirituale della persona coinvolge tutte le sue facoltà e tutta la sfera della sua esperienza. Sarebbe per questo molto lacunoso un metodo catechistico poco attento al valore pedagogico delle attività pratiche. Esse consentono una più decisa e libera partecipazione di ciascuno al proprio progresso spirituale” (R.d.C. 172). Le attività pratiche oratoriane spesso svolgono un benefico influsso nelle famiglie, perché il ragazzo svolge a casa parte dell’attività. Attualmente le attività mensili sono le seguenti: Festa dei Ragazzi, attività espressiva, natalizia, missionaria, pasquale, vocazioni, mese mariano, revisione finale del lavoro svolto.

Fondatori:

Arnaldo Canepa:

Fondatore del Centro Oratori Romani
(Roma 24 settembre 1882 - 2 novembre 1966)

Nato da famiglia benestante, amava i divertimenti, conducendo a Roma una vita spensierata. Proprietario di un ristorante conosciuto ed apprezzato, brillante conversatore, con abilità riusciva ad intrattenere artisti ed intellettuali che frequentavano il suo locale. Uomo razionale, era simpatizzante per la massoneria anticlericale del suo tempo. Improvvisamente, una sera del mese di maggio, nel 1921, ascoltando le parole di un prete che parla di Maria, la sua vita viene sconvolta. Uomo di temperamento forte, decide senza tentennamenti di dire il suo sì, a questa coraggiosa scelta sarà fedele per 45 anni fino alla morte. Rinuncia a tutti i suoi beni e si riduce a vivere in francescana povertà. Nella Roma del dopoguerra, in un tessuto umano e sociale lacerato, senza speranza, Canepa sceglie di servire i poveri tra i poveri; sporchi, chiassosi, esposti a cento pericoli, trascurati dagli adulti: i bambini. A loro dedicherà ogni sua energia, ogni suo avere. Per i fanciulli e per i giovani, Canepa fa la scelta dell'Oratorio, come proposta educativa, capace di tradurre il suo atteggiamento di attenzione ed accoglienza senza limiti e riserve. Per loro, insieme ad altri laici, fonda un'associazione, di volontari, al servizio della Diocesi di Roma, che ottiene il riconoscimento giuridico della Chiesa: il Centro Oratori Romani.

San Filippo Neri:

Era un uomo di grande e profonda interiorità: viveva gran parte della sua vita, prima di farsi prete a 36 anni, in mezzo alla gente ma come fosse un eremita tanto era capace di difendere la sua intimità e trascorreva il suo tempo nella frequenza alle funzioni religiose nelle varie chiese di Roma e, nella notte, passava lunghe ore in preghiera nelle catacombe di S. Sebastiano. In quegli anni, infatti, si recava spesso in questo luogo per trascorrervi la notte in contemplazione, finchè nella Pentecoste del 1544, mentre era in preghiera estatica, un globo di fuoco gli penetrò il petto spezzando due costole dal lato del cuore, che s'ingrossò talmente da creare una protuberanza nel torace. In realtà, qualcosa di straordinario constatarono i medici in quel cuore dopo la morte, scoprendo che era insolitamente grande e che, effettivamente, due costole si erano rotte per permetterne l'espansione.
L'oratorio quindi, fin dai suoi primordi, è un'istituzione che ha soprattutto di mira più l'assistenza delle anime che dei corpi. Anche se è vero che spesso i suoi membri aggiungessero alle pratiche religiose la visita agli infermi negli ospedali romani ed altre opere di misericordia.
Specialmente i laici gli stavano a cuore. Egli vide che avevano bisogno di qualcuno, il quale, come "un padre spirituale", risvegliasse e preservasse la pratica cristiana.
il Santo voleva che: "...l'udire la Parola di Dio giornalmente fosse il compenso dei digiuni, delle vigilie, del silenzio, perché la parola divina, ascoltata attentamente, era uguale a tali esercizi". Quindi al primo posto la Parola di Dio nella S. Scrittura, ma S. Filippo trovava realizzato il Vangelo anche nelle vite dei Santi e nalla Storia della Chiesa. Nell'Oratorio tale annuncio della Parola di Dio non doveva avvenire per mezzo di grandi prediche, ma per mezzo dello scambio familiare.
L'Oratorio era regolato da pratiche quotidiane e dalla preghiera in comune e dalla assegnazione delle opere di misericordia corporali e spirituali. Voleva veder risorta nell'Oratorio romano la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme. Quindi la natura dell'oratorio è anche quello di ricreare in qualche modo una "chiesa domestica", che potesse poi riflettere la sua santità all'esterno. Anche in questi tempi, così difficili, così incerti l'istituzione filippina può ancora dare, sotto l'influsso dello Spirito, amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza e bontà.
L'Oratorio, appunto, è in gran parte scuola di umiltà. E' l'umiltà che aiuta al distacco pieno da se stessi, dagli onori e dai beni terreni, che preserva dalle contaminazioni del mondo e sospinge alla operosità apostolica. Un altro fondamento di questa spiritualità è l'amore verso Dio. Quello di S. Filippo è un amore esclusivo e cristocentrico per eccellenza: "... chi vuol altro che Cristo non sa quel che si voglia; chi cerca altro che Cristo non sa quel che domanda; chi opera e non per Cristo non sa quel che si faccia...".
Filippo non vuole delle regole: tutto deve essere improntato alla spontaneità e alla semplicità, perché ognuno che partecipa si senta a suo agio, circondato d'amicizia e d'affetto, nello sforzo comune di essere sempre più "buoni".
San Filippo sarà ricordato per la sua celebre frase "State buoni!".

San Giovanni Bosco:

Nel 1841 don Bosco da origine ad una nuova realtà per i giovani chiamata Oratorio. Vedendo un gran numero di ragazzi tra i 12 e i 18 anni, sani, robusti ed intelligenti però oziosi, senza pane e senza una parola buona, “umiliati fino alla perdita della propria dignità”, pensò che avessero bisogno di un amico che si prenda cura di loro. Allora tradusse in realtà il suo sogno fondando l’Oratorio. Don Bosco a nove anni fa un sogno “Si vede una turba di ragazzi che giocano, gridano, bestemmiano. Lui alza i pugni contro i bestemmiatori, ma gli appare un Signore maestoso che lo invita a non usare violenza, e gli da come Maestra una donna luminosa che lo invita a diventare umile, forte e robusto per realizzare ciò che sta vedendo: i ragazzi si sono mutati in animali selvatici, ma intorno a quella Signora diventano pacifici agnelli”. La reazione di don Bosco all’udire le bestemmie era quella di farli tacere usando i pugni, invece il Signore dice “dovrai farteli amici con bontà e carità”. Dovrà parlare in ogni momento di Gesù, che il peccato è una cosa cattiva, ma l’amicizia con il Signore è una cosa preziosa. Dovrà acquistare la scienza alla scuola di una Maestra, Maria SS, sotto la cui guida si diventa sapienti, ma senza della quale anche chi è sapiente diventa un povero ignorante. Gli viene detto cresci Umile perché è Gesù che deve crescere nei giovani non il catechista, infatti bisogna essere come Giovanni Battista “io devo diminuire mentre Gesù deve crescere”. Forte non bisogna scoraggiarsi negli insuccessi ma avere la forza di ricominciare. Robusto poiché devi lavorare per questi ragazzi, dare tutto per questi. Bisogna anche essere pazienti poiché il grano cresce e matura in nove mesi, un giovane forse in nove anni. Nella sua giovinezza diceva “Cercavo di capire le inclinazioni dei miei compagni”, questa caratteristica rimane nel suo oratorio per sempre “ogni ragazzo deve essere un libro da saper leggere e meditare”. Una sua definizione “oratorio: catechismo e preghiera tra giochi e racconti” e diceva ancora “per dare vita cristiana occorre nutrirsi di vita cristiana”. Don Bosco voleva far scoprire il tesoro che ogni giovane e ogni uomo ha dentro di se “essere figlio di Dio”. Il gioco era un momento importantissimo, poiché era il momento in cui si poteva parlare con i ragazzi ed aiutarli. Lo scopo del suo oratorio era quello di trattenere la gioventù nei giorni di festa on giochi piacevoli, dopo però aver assistito alle sacre funzioni. Trattenere i giovani per evitare la loro esposizione i pericoli che il male ci tiene in agguato. Lo scopo primario però è quello di assistere alla messa. Tener lontana la gioventù dall’ozio dal quale nascono tutti i vizi. Il catechista è colui che si trova bene con i ragazzi, passa il tempo con loro e scherza con tutti, si informa di loro, li consiglia, li ricerca fuori dell’oratorio, pensa a loro e prega per loro. Don Bosco diceva per educare bene occorre mettere Dio al primo posto, il catechista deve fare lo stesso altrimenti annuncia se stesso non Dio.