Presepe
Un Popolo senza storia è come un albero senza radici... è destinato a morire!...
Il Presepe dopo ottocento anni è fuori mercato! Lo hanno tolto dagli scaffali dei grandi magazzini, primo passo per rimuoverlo anche dalle nostre coscienze e dalla nostra storia. Offenderebbe, si dice, coloro che professano altre religioni. E allora per dimostrare che siamo un popolo progredito perché non abolirlo, proseguendo quell'azione iconoclasta avviata con la rimozione del crocifisso. In alcune scuole alla rappresentazione della Natività preferiscono spettacoli con Topolino e Braccio di Ferro, essendo più multiculturali, oppure alla festività di Ogni Santi preferiscono Halloween, barattando la nostra tradizione di duemila anni, con tradizioni celtiche che non ci appartengono.
Il presepe "praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia", è uno dei simboli più radicati nella nostra tradizione. La prima immagine pittorica della Natività risale al III Sec, se ne trova testimonianza nelle catacombe romane, assieme con i re magi guidati dalla stella. Secondo Leone Magno erano tre e portavano incenso: omaggio alla divinità, mirra: all'essere uomo e oro: alla regalità. ma tre è anche numero archetipo delle razze umane: semita, giapetica e camita, ed anche dell'età dell'uomo: gioventù, maturità e vecchiaia. Il presepio si deve a San Francesco, fu allestito nel natale del 1223 a Greccio, poi quest'immagine fu ripresa da Giotto, da Piero della Francesca e moli altri.
Oggi vengono portati attacchi alla nostra identità religiosa, sociale, storica e morale secondo una devastante concezione di accoglienza del diverso, ignorando che la diversità può essere ricchezza non sostituendo la nostra identità con quella altrui, ma adattando quella degli altri alle regole che ci siamo dati e che sono la sommatoria di ciò che siamo.
Così forti della nostra "Cultura Debole", rincorriamo gli altri demolendo uno alla volta i nostri principi fondamentali: la religione, la famiglia.
Giovanni Paolo II riafferma il valore del presepe. Parlando prima dell'Angelus, il papa ha definito la rappresentazione della natività di Gesù come "un elemento della nostra cultura e dell'arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto 'ad abitare in mezzo a noi' (Gv 1,14)".In piazza san Pietro erano presenti ragazzi e ragazze di Roma per la tradizionale benedizione della statuetta del "Bambinello", che verrà posta nel presepio.
Ecco quanto ha detto il papa prima della preghiera mariana:
"Si avvicina la festa del Natale e in molti luoghi è già in allestimento il presepe, come qui in Piazza San Pietro. Piccolo o grande, semplice o elaborato, il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva rappresentazione del Natale. È un elemento della nostra cultura e dell'arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto "ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14).
Come ogni anno, tra poco benedirò i Bambinelli, che nella Notte Santa verranno collocati nei presepi, dove si trovano già san Giuseppe e la Madonna, silenziosi testimoni d'un sublime mistero. Con il loro sguardo d'amore essi ci invitano a vegliare e pregare per accogliere il divino Salvatore, il quale viene a recare al mondo la gioia del Natale.
Questa stessa gioia ci esorta a pregustare l'odierna terza domenica di Avvento, chiamata domenica "Gaudete". Domandiamo alla Vergine dell'attesa che sia vivo nei cristiani e in tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di incontrare il Signore ormai vicino".
Benedetto XVI:
"Soffermarsi a contemplare queste scene evangeliche diventa uno stimolo a meditare sul mistero centrale della nostra salvezza: Dio si è fatto uomo per noi. Possiamo accoglierlo nel nostro cuore e sperimentare la gioia della sua presenza santificatrice"
E’ necessario che Gesù diventi il centro di tutta la nostra esistenza. Sì, è importante, che Egli sia la guida del nostro quotidiano cammino e la meta ultima e definitiva del nostro pellegrinaggio terreno”. E nel riformulare a tutti i suoi auguri per il nuovo anno appena iniziato, il Papa ha sottolineato la frase di Sant’Agostino da lui scelta per questo Natale: “Destati uomo: perché per te Dio si è fatto uomo”. Un richiamo a non lasciarsi andare all’effimero:
“Il Signore ci vuole vigili e attenti, senza lasciarsi abbindolare dai fallaci richiami di tutto ciò che è effimero e passeggero”.
Per quanto riguarda la citazione sopra: è la frase con cui i Mattanza: gruppo etnico Calabrese, concludono tutti i loro concerti. Si tratta di parole che ben evidenziano una delle necessità di ogni popolo: conoscere e condividere con gli altri la propria storia, le proprie origini, i piccoli-grandi momenti sui quali poggiano presente e futuro. Questo lo leggiamo nella copertina dell’agile volumetto che Pasquale Lino Loiacono ha dedicato recentemente a Davesco-Soragno. Ed ancora i Sud Sound System in una delle loro canzoni dicono "Non cancellare le radici che hai, così darai più valore alla tua cultura"
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